
Resoconto del corso svolto all’interno della Casa Circondariale di Montorio, Vr
Novembre 2008 – Giugno 2009
Quest’anno per la prima volta l’associazione La Fraternità ha promosso il corso “Il disegno e la scrittura come espressione di sé”.
Il corso è stato rivolto alle persone recluse nella Casa Circondariale di Montorio ed è stato svolto, per tre ore, tutti i venerdì a partire da novembre 2008 fino a giugno 2009. Siccome l’associazione non ha ricevuto il contributo per finanziare il progetto da me proposto, ho scelto ugualmente di svolgerlo come volontaria.
Lo scopo del corso non era quello di insegnare a disegnare o a scrivere ma quello di offrire ai partecipanti uno spazio nel quale potessero esprimere se stessi e condividere liberamente il loro mondo interiore senza che io gli chiedessi o indagassi nel loro passato o nella loro vita privata.
La modalità adottata, la mia esperienza, la preparazione, l’empatia e la mia disponibilità a mettermi in “gioco” ha creato la cornice della relazione entro la quale, come in un alambicco, ognuno ha posto le proprie reazioni e risposte. Quelle “artistiche” furono delle ottime conferme del valore del progetto che assolutamente non puntava sul risultato estetico.
La volontà prima è disciplina e poi è una libera scelta mi disse un giorno un mio maestro così per analogia potrei dire che per comprendere la modalità offerta dal corso bisognerebbe prima parteciparvi diverse volte, ossia sperimentarlo e poi teorizzare il suo contenuto.
Così con queste due righe vorrei più che spiegare il corso dimostrare la sua efficacia e valorizzare chi vi ha partecipato. Non potendo inserire tutti e tutto il lavoro raccolto ne riporto solo una minima parte quale esempio dell’interessante e bellissimo lavoro umano che è stato fatto.
Il disegno e la scrittura come espressione di sé per i corsisti è stata un’esperienza non sempre facile da svolgere.
Oltre alla loro situazione personale e all’ambiente in cui momentaneamente vivono, quello del carcere, hanno dovuto prima “fare i conti” con se stessi, con il loro stato d’animo, i loro pensieri per poi interagire con il gruppo. Eppure nonostante questo ed altro, ho personalmente verificato che nel tempo, tutti poco o tanto, partecipando al corso ne hanno beneficiato per esempio, in autostima, accoglienza, comunicazione, ascolto soprattutto coloro che sono venuti a molti incontri.
Una difficoltà incontrata ma comunque superabile, la dovevano affrontare le persone che si univano man mano al gruppo esistente poiché non trovavano un corso dove potevano imparare a disegnare come offriva quello di pittura o di ceramica ma trovavano la possibilità di imparare a rimanere prima con se stessi sia per conoscersi un po’ sia per imparare a diventare “amici di se stessi” soprattutto, amici di alcune loro qualità, attitudini, predisposizioni e potenzialità.
Qualità come l’altruismo, il rispetto, l’apprezzamento, l’accettazione, l’accoglienza, la raffinatezza, la precisione, la meticolosità investita per far emergere una cosa bella per esempio un disegno, un pensiero o un sorriso.
Attitudini come l’espressione pittorica, poetica, manuale, verbale oppure come la predisposizione all’ascolto non solo uditivo ma anche empatico che emerge dal cuore. Potenzialità intesa come la capacità di sviluppare un qualche cosa che è in potenza, che ha la possibilità di realizzarsi nel presente. Un lavoro svolto in libertà ove l’apprendimento si realizzava oltre che nel conoscere il contenuto dell’azione eseguita personalmente, anche sull’osservazione del proprio risultato nonché sull’ascolto del rimando del gruppo il quale esprimeva, per stare in tema con il titolo del corso “moltissime linee, forme e colori” ossia diversi punti di vista.
I nuovi arrivati oltre che inserirsi in un gruppo già costituito dovevano in parte scoprire da sé il senso del corso e scegliere da soli quanto, come e perché attivare la volontà di accettare o di giudicare, la volontà di collaborare o di astenersi, la volontà di fare o di non agire, quella di raccontarsi o di tacere, e via dicendo.
Raffigurare una qualità, un’emozione, una situazione può sembrare una cosa banale da “scuola elementare” invece la grandiosità a volte si manifesta mediante la semplicità e comprenderne il valore intrinseco ci vuole non solo la teoria ma anche la pratica ripetuta più volte che se, quest’ultima la paragono all’impegno citato nella frase sopra menzionata dal maestro, si tramuta in disciplina.
Nel contesto di corso devo dire che è una buona e piacevole disciplina. Ecco che Il valore della disciplina può essere compreso dal corsista mediante l’esperienza diretta e non tramite l’imposizione esterna. Dopo di ché può scattare la libera scelta per come vuole agire ossia decide l’atteggiamento con il quale stare nel gruppo. È la costanza e la perseveranza che premia e non l’immediatezza anche se a volte quest’ultima può comunque dare un buon risultato.
Un aspetto essenziale del corso è quello di conseguire un ordine sequenziale del materiale con il quale ogni partecipante spontaneamente si proponeva mediante una modalità espressiva del tutto personale.
In questo modo il partecipante stesso comprendeva che ciò che faceva oltre ad essere un passatempo o una possibilità per rimanere fuori dalla cella era anche un’opportunità che dava a se stesso per migliorare, accettare o integrare qualche aspetto di sé. In quello spazio che io considero sacro poiché vitale per la evoluzione e per l’educazione di ogni singolo umano io Mara oltre che alla loro sofferenza coglievo momenti di gioia, di serenità, di amicizia, di collaborazione, di fiducia, di speranza e di fede… Non poco in un ambiente come quello del carcere ove la sofferenza per la privazione degli affetti e di molte altre cose aggiunte alle regole ed alla convivenza ristretta e forzata ne fanno da padroni.
Sarà nel tempo che se vorranno potranno non solo a loro stessi ma anche agli altri mostrare i loro miglioramenti in autostima, in autonomia benevole e in molte altre cose.
Ciò che il percorso ha voluto offrire di positivo alla persona partecipante è stata l’opportunità che potesse riconoscere, cogliere e far tesoro delle bellezze e degli aspetti buoni che ha e che se vuole può ancora dare a se stesso ed agli altri. Per questo motivo non aveva valore il risultato estetico delle varie raffigurazioni o dei molti scritti ma ciò che invece aveva significato era l’atto di volontà fatto con coscienza.
Seppur condizionato dal vissuto carcerario attraverso la manifestazione creativa, l’individuo collaborava e prendeva parte attiva al suo processo di elaborazione poiché il risultato assumeva un significato fondamentale e simbolico per chi lo attua.
Per concludere, poiché la parola educare deriva dal latino ex-ducere e significa tirare fuori il meglio di sé deduco che il lavoro svolto nel corso “Il disegno e la scrittura come espressione di sé” agevola l’individuo a diventare “maestro di se stesso”.
Solo avendo lui la “regia” nelle proprie mani la persona può aprirsi verbalmente, mediante lo scritto, il disegno o altro ed esprimere pienamente se stesso. Tanti per-corsi sono emersi, tanti quanti sono stati i partecipanti che come per le storie ognuno lo ha svolto seguendo il proprio “filo conduttore” ossia mantenendo la propria modalità espressiva. Pur con la loro diversità ognuno ha partecipato per raggiungere lo stesso obiettivo quello di realizzare: il disegno e la scrittura come espressione di sé.
I successivi disegni sono delle testimonianze eseguiti da persone diverse. Interessante sarebbe vedere i vari per-corsi sequenziali ma per motivi di spazio non è possibile. Ricordo solo che il risultato concreto del lavoro sono delle storie vere dei vissuti interiori che hanno dato forma concreta alla loro esistenza. Difatti non raccontano l’autobiografia o la confessione del vissuto personale ma esprimono animando soprattutto con le immagini il “tentativo personale” di realizzare almeno una parte di sé, di se e soprattutto poter urlare in qualche modo e con varie forme io esisto, io ci sono… senza dover distruggere…
Pensieri di Luce a tutti